Le molecole noet come Ziapin2 potrebbero in futuro venire abbinate alla fotostimolazione in ambito medicale come alternativa alla stimolazione elettrica tradizionale, indicano i risultati ottenuti da un progetto italiano pubblicati recentemente su Nature Communications Biology.

La ricerca ha visto impegnati un team dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano e del Politecnico di Milano coordinato da Guglielmo Lanzani, responsabile dell’Unità Nanomaterials for Energy and Lifescience dell’IIT.

I risultati ottenuti indicano che le molecole di Ziapin2 sono in grado di controllare mediante la luce l’attività contrattile delle cellule muscolo scheletriche, responsabili della contrazione volontaria dei muscoli.

La molecola Ziapin2 è stata sviluppata da IIT e Politecnico di Milano e brevettata nel 2018 in Europa, Stati Uniti e Giappone. Si tratta di un fototrasduttore, ossia assorbe la luce e la trasforma in segnale elettrico. La molecola è stata ideata e sintetizzata nel laboratorio coordinato da Chiara Bertarelli, professoressa ordinaria presso il Politecnico di Milano, ed è stata oggetto di una prima pubblicazione nel 2020 su Nature Nanotechnology.

I risultati del nuovo studio (finanziato dal PRIN “Membrane- targeted light driven nanoactuators for neuro-stimulation”) gettano ora le basi per implementare la tecnica della fotostimolazione abbinata a Ziapin2 come possibile alternativa all’utilizzo degli elettrodi tradizionali per specifici casi e patologie. La tecnologia sviluppata da IIT e Politecnico, infatti, presenta una maggior versatilità, perché la luce può essere somministrata da remoto senza contatto, e una maggiore precisione, perché è stata registrata elevata selettività spazio temporale, minor invasività e tossicità.

La fattibilità del nuovo approccio è stata testata somministrando Ziapin2 a cellule muscolari scheletriche fatte crescere in laboratorio (C2C12), un modello cellulare adeguato a valutare la capacità dei fototrasduttori a causa della trascurabile attività contrattile spontanea. Illuminando quindi le cellule, la luce assorbita si traduce in elettricità che induce delle contrazioni.

Il metodo potrebbe trovare particolare utilizzo nel trattamento di lungo periodo dei pazienti, in quando permetterebbe di evitare la continua esposizione agli elettrodi, che può danneggiare i tessuti. La stimolazione con la luce causerebbe un minore stress cellulare, in quanto è possibile stimolare un punto localizzato, a differenza del più generale campo elettrico degli elettrodi. Anche la tossicità potrebbe venire ridotta, grazie al ricorso a diverse lunghezze d’onda, e si potrebbe somministrare il trattamento da remoto. 

Il gruppo di ricerca ha ipotizzato che in futuro la fotostimolazione delle cellule potrebbe essere utilizzata soprattutto in cardiologia, nella riabilitazione muscolare (stimolazione funzionale) e per la cura dei pazienti affetti da degenerazioni neuronali. Un particolare settore applicativo potrebbe essere rappresentato, inoltre, dai robot ibridi costituiti da componenti artificiali e biologiche. Questi ultimi potrebbero essere utilizzati per studi di carattere fondamentale, per esplorazioni ambientali o applicazioni mediche e in ambito prostetico, essendo totalmente bio-compatibili.