I nuovi dati dello studio ODYSSEY OUTCOMES evidenziano la maggiore riduzione del rischio di morte con alirocumab nei pazienti trattati per almeno 3 anni o con livelli di LDL-C al basale di almeno 100 mg/dl. Dimostrano inoltre che una riduzione del numero di eventi cardiovascolari non fatali è associata a una ridotta mortalità per cause non cardiovascolari

Le nuove analisi sulla mortalità dallo studio ODYSSEY OUTCOMES condotto su 18.924 pazienti sono state presentate al congresso 2018 dell’American Heart Association (AHA) tenutosi a Chicago.

Nuovi dati sulla mortalità con alirocumab per l’ipercolesterolemia
Nuovi dati sulla mortalità con alirocumab per l’ipercolesterolemia dimostrano una maggiore riduzione del rischio in pazienti trattati per 3 anni o con livelli di LDL-C di almeno 100 mg/dl

Alirocumab è risultato essere associato a un minor numero di decessi per tutte le cause in pazienti con recente sindrome coronarica acuta (infarto del miocardio o angina instabile) e ancora di più in pazienti trattati per almeno 3 anni o con livelli di LDL-C (colesterolo lipoproteico a bassa densità) al basale di almeno 100 mg/dl. Inoltre, ulteriori analisi hanno dimostrato un’associazione tra la riduzione degli eventi cardiovascolari non-fatali e la riduzione della mortalità non-cardiovascolare nel corso dello studio.

«Ridurre il rischio di mortalità dei pazienti è una priorità chiave per i cardiologi. Alcuni di questi decessi potrebbero potenzialmente essere prevenuti, in particolare nei pazienti già considerati ad alto rischio perché hanno una storia pregressa di sindrome coronarica acuta – ha dichiarato Gregory G. Schwartz, MD, Ph.D., della University of Colorado School of Medicine ad Aurora, in Colorado (Stati Uniti) e co-chair del trial. – In questo studio su quasi 19.000 pazienti, alirocumab è stato associato a un minor numero di decessi per qualsiasi causa, un’osservazione che è stata più pronunciata tra i pazienti trattati per almeno 3 anni o con LDL-C al basale di almeno 100 mg/dl».

Nello studio, alirocumab in aggiunta al trattamento intensivo (o al livello di massima tollerabilità) con statine è stato confrontato con la sola terapia con statine alla massima dose tollerata nei pazienti con pregressa una sindrome coronarica acuta verificatasi nei 12 mesi precedenti. I dati pubblicati sul New England Journal of Medicine hanno dimostrato che alirocumab riduce in modo significativo il rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) ed è associato a un minor rischio di mortalità per qualsiasi causa.

Nelle analisi pre-specificate su 8.242 pazienti seguiti per almeno 3 anni, il trattamento con alirocumab è stato  associato ad una riduzione del 22% del rischio di morte  per tutte le cause (HR 0,78, IC 95%, 0,65-0,94, p=0,01). Inoltre le analisi post-hoc hanno mostrato che i pazienti trattati con alirocumab i cui livelli basali di LDL-C erano pari o superiori a 100 mg/dl avevano un rischio inferiore del 29% di morte per tutte le cause (HR 0,71, IC 95%, 0,56-0,90).

In ulteriori analisi post-hoc i ricercatori hanno riscontrato che i pazienti trattati con alirocumab hanno sviluppato meno eventi CV non fatali e hanno meno probabilità di morire in un evento non CV e che questi due risultati possono essere associati (associazione tra eventi non fatali e fatali = 2,35; IC 95%, da 1,98 a 2,73; p<0,0001).

«Il significato clinico di quanto dimostrato dallo studio è altamente rilevante, tanto da influenzare profondamente le scelte terapeutiche del cardiologo nella gestione quotidiana dei pazienti coronaropatici a rischio cardiovascolare molto alto. In una condizione ad altissimo rischio, come quella del paziente con ‘profilo ODYSSEY OUTCOMES’, il clinico ha oggi l’opportunità di ridurre da subito le recidive di eventi ischemici, fatali e non fatali, e di incidere sulla sua sopravvivenza. Tutto questo mi porta a fare diverse considerazioni. Oltre al noto ‘quanto più basso è il colesterolo LDL meglio è’ (che tra l’altro nello studio viene riformulato grazie al ragionato schema di gestione dei due dosaggi per indirizzare il clinico nella gestione e controllo della terapia nel tempo) ora altre due sfide: ‘tanto prima si comincia ad abbassare il colesterolo LDL tanto meglio è’ e ‘tanto più a lungo si continua il trattamento tanti più benefici si osservano’ – ha commentato Claudio Rapezzi, direttore Cardiologia Policlinico di Sant’Orsola e Università degli Studi di Bologna. – Per quanto riguarda la mortalità, è la prima volta che la riduzione di mortalità globale viene documentata per un farmaco inibitore della PCSK9. Questa è la conseguenza sia del fatto che il disegno dello studio prevedeva una durata media del follow-up superiore a quella degli altri studi e che ha raggiunto i 5 anni per una quota dei pazienti arruolati, sia dello specifico meccanismo di azione del farmaco».

«I risultati dell’ODYSSEY OUTCOMES sono stati considerati nelle nuovelinee guida AHA/ACC 2018 per il trattamento dell’ipercolesterolemia – conclude Rapezzi – Il clinico è nuovamente invitato a ragionare in termini di valori target di LDL-C e non più in termini di riduzione percentuale del valore basale e, in questo contesto, viene valorizzato l’approccio ‘dinamico’ scelto da ODYSSEY OUTCOMES: se il paziente raggiunge valori di LDL-C < 25 mg/dl durante trattamento con un inibitore della PCSK9, il clinico può decidere o meno di ridurre l’intensità della terapia antidislipidemica, avendo fra l’altro a disposizione due dosaggi del farmaco, perché ancora rimane non nota la sicurezza a lungo termine di livelli così bassi di LDL-C».

Nelle analisi non è emerso alcun nuovo segnale di sicurezza. Nello studio ODYSSEY OUTCOMES, l’incidenza di eventi avversi è stata simile nei due gruppi, ad eccezione delle reazioni locali nel sito di iniezione (3,8% nel gruppo alirocumab rispetto al 2,1% nel gruppo placebo).

L’effetto di alirocumab sulla morbilità e mortalità cardiovascolare è attualmente in fase di revisione da parte delle autorità regolatorie e non è stato ancora completamente valutato. I dati dello studio ODYSSEY OUTCOMES sono stati sottomessi alle autorità regolatorie in Europa e negli Stati Uniti.

Lo studio ODYSSEY OUTCOMES

Lo studio ODYSSEY OTUCOMES (n=18.924) ha valutato l’effetto di alirocumab sugli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) in pazienti che avevano avuto una sindrome coronarica acuta (SCA) tra 1-12 mesi (mediana 2,6 mesi) prima di essere arruolati nello studio e che erano già in trattamento intensivo o con la massima dose tollerata di statine. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere alirocumab (n = 9.462) o placebo (n = 9.462) e sono stati valutati per una mediana di 2,8 anni, con alcuni pazienti trattati per un massimo di cinque anni. Circa il 90% dei pazienti era in una statina ad alta intensità.

Lo studio è stato disegnato per mantenere i livelli di LDL-C dei pazienti tra 25-50 mg/dl, utilizzando due diversi dosaggi di alirocumab (75 mg e 150 mg). I pazienti trattati con alirocumab hanno iniziato con il dosaggio di 75 mg ogni 2 settimane e sono passati poi a 150 mg ogni 2 settimane nel caso in cui i loro livelli di LDL-C fossero rimasti  superiori a 50 mg/dl (n = 2,615). Alcuni pazienti trattati con il dosaggio di 150 mg sono ritornati a un trattamento con il 75 mg perché i loro livelli di LDL-C è sceso al di sotto di 25 mg/dl (n = 805). I pazienti trattati con il 75 mg (n = 730) che hanno raggiunto in due misurazioni consecutive livelli di LDL-C inferiori a 15 mg/dl hanno interrotto la terapia con alirocumab per il resto della durata della sperimentazione.

Alirocumab

Alirocumab è un anticorpo monoclonale che impedisce il legame tra la proteina PCSK9 (proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9) e i recettori del colesterolo LDL, aumentando conseguentemente il numero dei recettori LDL espressi sulla superficie delle cellule epatiche e riducendo così il colesterolo “cattivo” in circolazione nel sangue. Sviluppato da Regeneron e Sanofi, alirocumab è il primo anticorpo monoclonale ipocolesterolemizzante disponibile in due diversi dosaggi (75 mg o 150 mg), personalizzabili in base alle esigenze del paziente.

In Italia alirocumab (Praluent®) è disponibile in fascia A da marzo 2017.

È indicato per il trattamento dell’ipercolesterolemia primaria o della dislipidemia mista (malattia caratterizzata da elevati livelli di alcuni lipidi nel sangue, come colesterolo totale, LDL, VLDL, trigliceridi), in associazione alla massima dose tollerata di statine oppure in monoterapia in pazienti intolleranti alle statine.

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