Uno studio dell’Azienda Ospedaliera/Università di Padova ha indagato la patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi.

 

Patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi
Uno studio di Teresa Seccia su ipertensione, fibrillazione atriale e aldosteronismo ha indagato il ruolo dell’aldosterone nella patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi

I pazienti con ipertensione arteriosa, soprattutto quelli che sviluppano ipertrofia ventricolare sinistra per cattivo controllo dei valori pressori, sono la stragrande maggioranza dei casi di fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale è l’aritmia cardiaca più frequente al mondo poiché colpisce circa l’1-2% della popolazione generale e fino al 15% negli ultraottantenni.

Nonostante la rilevanza del problema ipertensione-fibrillazione atriale per la salute pubblica, i meccanismi responsabili della fibrillazione atriale rimanevano poco conosciuti.

Lo studio di Teresa Seccia è stato condotto in collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital dell’Università di Harvard (Boston, USA) e coordinato dal Centro dell’Ipertensione Arteriosa dell’Azienda Ospedaliera/Università di Padova – direttore Gianpaolo Rossi.

I risultati dello studio sulla patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi

La ricerca, pubblicata su Hypertension, ha permesso di individuare uno dei principali determinanti della fibrillazione atriale negli ipertesi. 

Si è potuto, infatti, accertare che l’aldosterone svolge un ruolo molto importante nella patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi attraverso un duplice meccanismo:

  • svolge un’azione diretta a livello del sistema di conduzione cardiaca,
  • promuove la deposizione di tessuto fibrotico nel cuore.

Questo ormone mineralcorticoide è responsabile dell’ipertensione arteriosa in circa il 14% dei pazienti che afferiscono al Centro dell’Ipertensione Arteriosa dell’Azienda Ospedaliera/Università di Padova.

La coesistenza di fibrillazione atriale e ipertensione arteriosa pone problemi del tutto particolari per il trattamento, poiché la fibrillazione atriale comporta un rischio assai aumentato di trombo-embolismo e, pertanto, richiederebbe un trattamento anticoagulante nella maggior parte dei pazienti. D’altra parte, negli ipertesi tale trattamento aumenta il rischio di emorragie cerebrali e in altri distretti, a meno che i valori pressori non siano perfettamente controllati.

Pertanto, i pazienti ipertesi fibrillanti dovrebbero essere valutati in ambito specialistico allo scopo di individuare un eventuale iperaldosteronismo primario alla base dell’ipertensione, che se identificato potrebbe permettere di guarire definitivamente l’ipertensione. Qualora ciò non fosse possibile, è necessario istituire un trattamento antipertensivo in grado di normalizzare i valori pressori consentendo il trattamento anticoagulante.

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