La malattia di Huntington è una grave e rara condizione genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione dei movimenti e porta a un inarrestabile declino neurologico.

Si tratta di una malattia autosomica dominante. Insorge di solito in età adulta ed è caratterizzata da còrea progressiva e deterioramento cognitivo.

La malattia è causata da una mutazione del gene che codifica per la proteina huntingtina. Tale mutazione genica determina un’anomala ripetizione della sequenza CAG del DNA (che codifica per l’aminoacido glutamina).

Come risultato di questa mutazione, la proteina huntingtina è prodotta in una forma alterata con una coda di residui poliglutaminici che si accumulano all’interno dei neuroni.

L’accumulo della forma alterata della proteina huntingtina porta in particolare alla perdita dei piccoli neuroni spinosi nel caudato e nel putamen. Ciò determina la coincidenza di sintomi caratteristica della malattia di Huntington. Sono inoltre danneggiate la corteccia fronto-temporale e la sostanza bianca.

Più si ripete il numero di triplette CAG, più è precoce l’età di insorgenza della malattia e più grave è la sintomatologia. Il numero di ripetizioni può aumentare anche nelle generazioni successive portando a un fenotipo progressivamente più grave all’interno di un albero familiare (fenomeno dell’anticipazione). Questo avviene quando la malattia è trasmessa da parte paterna in quanto l’amplificazione della mutazione si verifica durante la spermatogenesi.

I parenti di 1° grado di persone con la malattia di Huntington che pensano di avere figli devono ricevere consulenza genetica.

Sintomi della malattia di Huntington

La malattia di Huntington comprende principalmente due tipi di disturbi: psichiatrici e motori. Essi possono presentarsi in successione o contemporaneamente.

I disturbi psichiatrici comprendono:

  • irritabilità e cambiamento di personalità,
  • depressione, apatia e anedonia,
  • decadimento delle facoltà cognitive, a partire dalle funzioni esecutive e mnemoniche per arrivare a demenza sottocorticale,
  • comportamenti antisociali,
  • disturbo bipolare,
  • disturbo schizofreniforme.

Le anomalie motorie nella malattia di Huntington comprendono tipicamente

  • còrea (movimenti involontari e incontrollabili a scatti, casuali, incompleti e scoordinati),
  • tic,
  • aprassia oculomotoria,
  • impersistenza motoria,
  • postura e andatura anomale (a marionetta),
  • difficoltà a deglutire e a parlare.

Trattamento della malattia di Huntington

Il trattamento è di supporto per la riduzione o soppressione dei movimenti coreici e dell’agitazione. Si utilizzano antipsicotici (come clorpromazina, risperidone, olanzapina o clozapina. In alternativa, si può usare la tetrabenazina.

Le linee guida pubblicate dall’American Academy of Neurology (AAN) sulla rivista Neurology nel 2012 raccomandano:

  • tetrabenazina,
  • riluzolo, amantadina,
  • nabilone, per cambiamenti modesti (1 – < 2) del punteggio della scala Unified Huntington’s Disease Rating Scale [UHDRS].

Sono in fase di studio terapie che mirano a ridurre la neurotrasmissione glutammatergica attraverso il recettore N-metil-d-aspartato (NMDA) e ad aumentare la produzione energetica mitocondriale, come il coenzima Q10.

Una potenziale nuova strada terapeutica per la malattia di Huntington

Uno studio lo studio Neuromed indica che lo sfingolipide sfingosina-1-fosfato potrebbe essere un nuovo bersaglio per terapie innovative.

Sfingosina-1-fosfato è un importante mediatore delle funzioni delle cellule neuronali e della mielina e risulta alterato dalla malattia di Huntington. L’alterazione del livello di sfingosina-1-fosfato sembra infatti giocare un ruolo cruciale proprio nella patologia.

Intervenire sul metabolismo di queste molecole quindi potrebbe rappresentare una strada innovativa per combattere il decorso di questa gravissima patologia genetica.

La ricerca è stata condotta dal Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) in collaborazione con altre istituzioni scientifiche anche internazionali, tra le quali l’IIT di Genova e le Università Vanderbilt, negli USA, e Cambridge, nel Regno Unito.

Lo studio Neuromed è stato anche pubblicato sulla rivista Scientific Reports (Nature Publishing Group).

L’alterazione del funzionamento degli enzimi coinvolti nel metabolismo di S1P nella malattia di Huntington

«I nostri esperimenti – spiega Alba Di Pardo, ricercatrice del Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare, primo nome del lavoro scientifico – hanno mostrato come il funzionamento degli enzimi coinvolti nel metabolismo di S1P sia alterato nella malattia di Huntington. Questo fenomeno è stato osservato sia nei modelli animali che nei tessuti umani. I nostri risultati sono molto incoraggianti. Infatti, la modulazione farmacologica dell’attività di questi enzimi induce l’attivazione di meccanismi molecolari che mitigano gli effetti tossici della mutazione, in neuroni ottenuti da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) derivanti da pazienti con la malattia».

Non è ancora del tutto chiaro come la mutazione della huntingtina possa provocare la riduzione dei livelli di S1P, ma i ricercatori Neuromed ritengono che i disturbi a carico degli sfingolipidi possano avere una notevole importanza.

«Un difetto nel metabolismo di S1P – spiega Vittorio Maglione, responsabile dello studio – potrebbe contribuire allo sviluppo della malattia di Huntington. Per questo motivo, infatti, pensiamo che interventi mirati a modulare i livelli di questo sfingolipide potrebbero offrire prospettive nuove per una patologia per la quale attualmente non esistono cure».

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