Andrea Paolini, direttore generale della Fondazione TLS

Il rischio di partire da fasi precoci di ricerca è proprio che bisogna scremare tra tanti progetti e il rischio aumenta. Dalla vostra iniziativa Orphan-1 sono alla fine stati selezionati sette progetti: di questi quanti stanno effettivamente andando avanti? «In Orphan-1 abbiamo finanziato progetti che erano già attivi all’interno di gruppi che si occupavano di questi temi. Non è stato finanziato nessuno che, pur con buone idee, fosse un “novello” su queste tematiche. Alcuni di questi progetti stanno dando dei risultati molto interessanti anche a livello di applicazioni. Penso ad esempio allo studio sulla sindrome di Rett del professor Hayek, che è in fase clinica con uno studio spontaneo all’interno del filone delle attività di ricerca sugli effetti degli Omega-3».

Orphan-1 aveva come scopo il co-finanziamento di progetti di ricerca già esistenti presso gli Istituti di ricerca toscani nel campo delle malattie orfane con elevata potenzialità di applicazione terapeutica. Il co-finanziamento è stato di durata biennale e l’importo massimo finanziabile per singolo progetto è stato fissato a 40mila euro/anno. Sono stati presentati a TLS 33 progetti e di questi ne sono stati riconosciuti idonei 29, di cui sette sono stati infine selezionati da una commissione di valutatori esterni. Spiega ancora il Direttore Generale di TLS: «Si può fare innovazione anche su aziende che offrono un servizio ad alto valore aggiunto, o su spin off che non siano necessariamente accademici, ma industriali, quindi con collegamenti e prospettive di sviluppo molto importanti. Cito due esempi: sul fronte universitario abbiamo constatato che si può lavorare bene su spin-off di servizi ad alto valore aggiunto strettamente legati alla ricerca. Ad esempio, da noi è incubata un’azienda, VisMederi, che agisce come CRO specializzata nei trial clinici per il settore dei vaccini. L’iniziativa è partita da giovani ricercatrici uscite dall’università. Non hanno avuto capitale di rischio per iniziare, si sono auto-finanziate con la prima commessa. Oggi hanno assunto dieci persone e hanno, per il 90%, commesse da aziende straniere. Secondo noi sono queste le aziende che possono favorire realmente il meccanismo di creazione di spin-off all’interno dell’università creando canali di trasferimento tecnologico, primo tra tutti quello del capitale umano. La forma di trasferimento tecnologico più riuscita da sempre, infatti, è quella di aver formato persone in grado di integrarsi efficacemente nel mondo lavorativo mantenendo importanti legami collaborativi con i laboratori d’origine».

A Orphan-1 ha fatto seguito Orphan-2… «Orphan-2 è finito il 31 ottobre scorso, ci sono risultati molto interessanti di cui stiamo valutando il successivo sviluppo con alcuni gruppi, anche industriali. È stato un progetto molto innovativo per l’approccio, che prevedeva che noi facessimo da facilitatori per mettere in contatto competenze già esistenti, industriali e universitarie. Questo mix è stato utile anche perché ha interessato delle aziende che, in questo modo, hanno aumentato gli investimenti o, addirittura, hanno cominciato a investire in questo ambito. Kedrion, per esempio, ha aperto presso TLS una struttura GMP per la produzione di emoderivati per studi clinici su malattie rare. Li avevamo contattati perché avevano dei prodotti con potenzialità terapeutiche messe a disposizione per uso compassionevole. Grazie a un finanziamento specifico ottenuto dalla Regione e al progetto Orphan-2 hanno deciso di investire in questa struttura GMP, unica in Europa, e stanno sviluppando altri progetti di ricerca su queste tematiche».