Carenze e irreperibilità dei farmaci nella filiera rappresentano un fenomeno che va oltre i confini dell’Europa è che non può essere addebitato esclusivamente al parallel trade. Lo dice uno studio di settore svolto dalla società svizzera Birgli AG e presentato in AIFA dall’Eaepc (Associazione europea dei distributori paralleli) e dall’A.I.P (Associazione italiana importatori paralleli).

Tuttavia, molti degli articoli e degli interventi apparsi sulla stampa negli ultimi mesi hanno suggerito neanche troppo velatamente che il fenomeno delle carenze, causa di preoccupazioni, soprattutto quando mette a rischio la continuità delle terapie farmacologiche, sia ascrivibile al parallel trade.

Va posto però l’accento sul significato di carenza stesso, trattandosi di argomento altamente dibattuto in tutti gli stati nazionali. NON si può parlare di carenze nel caso in cui sia disponibile sul mercato nazionale il farmaco equivalente oppure, come sostiene la Autorità della Concorrenza francese, venga dispensato in un tempo inferiore alle 72 ore.

Oggi carenze e rotture di stock non si registrano soltanto nell’Unione europea ma anche in Svizzera e negli Usa, due paesi dove il parallel trade non esiste.

La realtà è molto più complessa. Un gruppo di esperti dell’Ema, coordinato direttamente dal direttore dell’agenzia, Guido Rasi, ha prodotto di recente un “Reflection paper” sulle rotture di stock causate da problemi di produzione o di qualità. La Commissione Ue, inoltre, ha redatto un elenco degli strumenti legali a disposizione dei paesi membri per intervenire sulle irreperibilità.

Il fatto è che oggi le difficoltà di budget di molti sistemi sanitari mettono sotto pressione i margini di tutta la filiera logistica. In passato il costo legato al mantenimento di riserve di stock da usare in caso di rotture poteva essere tranquillamente sopportato, oggi no, e di conseguenza la filiera diventa più sensibile alle fluttuazioni a breve termine.

In questo scenario complesso, tuttavia, non esiste la soluzione miracolosa che rimuove tutte le cause.

Gli stessi atti di recepimento di direttive comunitarie, quindi anche il decreto 17/2014 in attuazione della direttiva 2011/62/UE in tema di Contraffazione, non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse.

Barbara Scognamiglio – Presidente A.I.P. Associazione titolari di autorizzazioni all’importazione parallela di medicinali dall’Europa, Roma