La Direttiva 2011/62, recepita nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 17 del 19.02.14, si è posta l’obiettivo di contrastare la contraffazione nel settore farmaceutico, evidenziando che tutta la supply chain deve essere coinvolta per raggiungere lo scopo indicato. Particolare risalto è stato dato al controllo della qualità del principio attivo che, se non conforme alle norme di buona fabbricazione europee, può dare origine a un medicinale scadente nelle sue peculiarità curative.
La qualità e l’affidabilità sono sempre un fattore premiante e questo lo sanno bene i produttori italiani di principi attivi farmaceutici che hanno visto recentemente incrementare significativamente la loro attività di custom manufacturing con il ritorno di incarichi delle società farmaceutiche americane, deluse dalle attività avviate, negli anni precedenti, con molte società dell’area asiatica.
La normativa contiene la definizione di sostanza attiva e di medicinale falsificato, intendendo al riguardo che è tale anche per variazioni nelle caratteristiche dei suoi componenti, tra i quali il principio attivo.
Sulla base delle finalità della Direttiva europea i produttori italiani hanno sempre richiesto che il legislatore implementasse ispezioni obbligatorie ai siti produttivi extra Ue al fine di salvaguardare la salute pubblica, prendendo esempio dall’iniziativa dell’Fda con il Gdufa. In buona sostanza i produttori italiani auspicavano che il sistema ispettivo vigente da tempo in Italia venisse adottato anche dagli altri paesi europei.
Si è invece verificato il contrario, ossia il principio dell’ispezione obbligatoria non è stato preso in considerazione e il sistema registrativo già vigente negli altri paesi europei è stato adottato anche in Italia. Questa situazione avrà sicuramente ripercussioni nell’operatività delle imprese, che non saranno più soggette a un ciclo ispettivo triennale da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, con conseguente mancato rilascio del Certificato GMP, che la clientela internazionale riceveva regolarmente dal fornitore italiano, considerato anche per questo particolarmente affidabile.
Riguardo alla Written Confirmation, una sorta di autocertificazione che i produttori extra Ue devono presentare per esportare in Europa, perplessità si manifestano da parte delle imprese per quelle sostanze attive che nel paese di origine non sono considerate tali e quindi non soggette a ispezioni dell’autorità locale. In questi casi il sito produttivo extra Ue non potrà disporre della Written Confirmation.
Altre misure introdotte dalla normativa vanno nella direzione di semplificare l’operatività delle imprese, ossia: la definizione di tempi certi per l’inizio di un’attività produttiva o di importazione e la trasmissione delle modifiche non essenziali una volta all’anno.
Si è quindi in presenza di luci e ombre, che solo nella pratica potranno essere valutate per il loro impatto sulle imprese.
Gian Mario Baccalini – Presidente Aschimfarma, Federchimica