L'anticoagulante orale rivaroxaban riduce il rischio di emorragie intracraniche nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare rispetto a warfarin, assicurando pari efficacia nella prevenzione dell'ictus

Bayer AG e Janssen Pharmaceuticals, suo partner nelle attività di sviluppo di rivaroxaban, hanno annunciato i risultati di un nuovo studio su dati di vita reale, REVISIT US sulla prevenzione dell’ictus e sull’incidenza di emorragie intracraniche con rivaroxaban rispetto a warfarin. I dati real life riconfermano il profilo rischio/beneficio positivo di rivaroxaban in pazienti con Fibrillazione Atriale non-valvolare e confermano il profilo di efficacia e di sicurezza di rivaroxaban, in linea con quelli dello studio cardine di Fase III ROCKET AF e di altri studi real life.

L'anticoagulante orale rivaroxaban riduce il rischio di emorragie intracraniche nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare rispetto a warfarin, assicurando pari efficacia nella prevenzione dell'ictus
L’anticoagulante orale rivaroxaban riduce il rischio di emorragie intracraniche nei pazienti con fibrillazione atriale non-valvolare rispetto a warfarin, assicurando pari efficacia nella prevenzione dell’ictus

Nello studio REVISIT US sono state evidenziate ridotte percentuali di ictus ischemico accompagnate a una percentuale di emorragie intracraniche (ICH) significativamente ridotta con rivaroxaban rispetto a warfarin in pazienti con Fibrillazione Atriale (FA) non-valvolare. Questi risultati integrano e riconfermano quelli dello studio clinico di Fase III ROCKET AF e quelli dello studio non-interventistico XANTUS.

I risultati di REVISIT US, che ha analizzato i dati di circa 23.000 pazienti negli Stati Uniti trattati nella vita reale, sono stati presentati in occasione della 12^ edizione del Congresso Annuale della Società Europea di Aritmologia Cardiaca (ECAS).

«Benché gli studi cardine di Fase III come ROCKET AF restino il gold standard per valutare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco, le evidenze tratte dall’impiego di una terapia nella vita reale hanno un ruolo importante nell’integrare le conoscenze sull’uso e l’impatto dei nostri farmaci nella pratica clinica quotidiana – ha dichiarato Michael Devoy, responsabile Affari Medici & Farmacovigilanza della Divisione Farmaceutici di Bayer AG e Chief Medical Officer di Bayer – Siamo soddisfatti che studio dopo studio di valutazione di rivaroxaban in contesti real life per tutte le indicazioni per cui il farmaco è approvato, il positivo profilo rischio/beneficio di rivaroxaban continui a essere confermato».

«Nella gestione del paziente con Fibrillazione Atriale, l’ictus ischemico e l’emorragia intracranica sono due eventi molto temuti sia dai medici sia dai pazienti – ha affermato Craig Coleman, professore di Pratica Farmaceutica presso l’Università del Connecticut, che ha presentato i risultati di REVISIT US all’ECAS – Trovare il giusto equilibrio fra rischi e benefici è l’obiettivo sempre perseguito. È, pertanto, estremamente rassicurante vedere che i risultati relativi all’impiego nella vita reale continuano a confermare che rivaroxaban ottiene il giusto equilibrio fra la riduzione dell’ictus e nello stesso tempo la riduzione di emorragia intracranica in pazienti con FA non-valvolare».

Lo studio REVISIT US

Lo studio REVISIT US è un’analisi retrospettiva di dati sanitari che ha valutato efficacia e sicurezza dell’impiego nella vita reale della terapia di rivaroxaban rispetto a warfarin in pazienti naïve adulti con FA non-valvolare al fine di monitorare il verificarsi, in contesti real life, di ictus ischemico ed emorragia intracranica in pazienti con FA non-valvolare in terapia con rivaroxaban o con warfarin.

11.411 pazienti in terapia con warfarin sono stati confrontati con 11.411 pazienti in terapia con rivaroxaban, utilizzando i dati del database statunitense MarketScan relativi al periodo compreso fra il 1° gennaio 2012 e il 31 ottobre 2014.

I pazienti analizzati nello studio REVISIT US avevano punteggio CHA2DS2-VASc pari o superiore a 2, copertura medica continua per 180 giorni o più e almeno due codici diagnostici secondo la Classificazione Internazionale delle Malattie – Nona Edizione (ICD-9) di FA non-valvolare.

I criteri di esclusione hanno compreso precedente storia di ictus, embolia sistemica o emorragia intracranica. Con le coorti accoppiate è stata condotta analisi di regressione di Cox per gli endpoint di ictus ischemico ed emorragia maggiore (identificati utilizzando solo i codici ICD-9 primari) con risultati riferiti in termini di hazard ratio (HR) e intervalli di confidenza (IC) al 95%.

REVISIT US ha scelto endpoint con maggiori probabilità di codifica corretta e minor variabilità dei dati e di pari importanza ai fini della valutazione rischi/benefici.

La percentuale di ictus ischemico osservata con rivaroxaban è stata dello 0,54% annuo contro lo 0,83% annuo per warfarin (HR=0,71; IC al 95% 0,47-1,07).

La percentuale di emorragia intracranica osservata con rivaroxaban è stata dello 0,49% annuo contro lo 0,96% annuo per warfarin (HR=0,53; IC al 95% 0,35-0,79).

Nel contesto real life, quindi, rivaroxaban è stato associato a una riduzione non significativa del 29% dell’ictus ischemico (n=11.411) accompagnata a una significativa riduzione del 47% di emorragia intracranica rispetto a warfarin (n=11.411).

Nello studio di Fase III ROCKET AF rivaroxaban è stato associato a un’analoga percentuale di ictus ischemico rispetto a warfarin (1,6% annuo con rivaroxaban contro 1,6% annuo con warfarin) e percentuali significativamente inferiori di emorragia maggiore con rivaroxaban rispetto a warfarin (rispettivamente, 0,5% annuo contro 0,7% annuo) (HR=0,67; IC al 95% 0,47-0,93).

Per quanto riguarda l’endpoint composito di emorragia maggiore o ictus ischemico, rivaroxaban in REVIT US ha evidenziato una riduzione significativa del 39% rispetto a warfarin.

Questi risultati confermano il profilo rischio/beneficio positivo di rivaroxaban, in linea con lo studio clinico di Fase III ROCKET AF e quelli dello studio non-interventistico XANTUS.

REVISIT US è un altro studio che va ad aggiungersi a quelli dell’ampio programma di valutazione del farmaco che, una volta completato, si prevede comprenderà oltre 275.000 pazienti tra studi clinici e situazioni di impiego nella vita reale.

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