Qual è lo stato di salute della sanità italiana? Istituzioni, economisti, manager ed esperti del settore hanno cercato di rispondere a questa domanda in occasione dell’incontro organizzato da FIASO, la Federazione di Asl e ospedali durante la sua Assemblea nazionale.

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Al convegno FIASO si è discusso dello stato di salute della sanità italiana

«Siamo l’unico Paese ad avere ancora in piedi un Sistema Sanitario Nazionale», ha dichiarato in apertura dei lavori Walter Ricciardi, presidente ISS, che ha però anche aggiunto quanto il fattore tempo sia ora dirimente: «dobbiamo trovare al più presto il modo per adeguarci ai cambiamenti in atto». Come? Secondo Ricciardi la chiave per la sostenibilità passa attraverso due grandi pilastri: «Convincere i governi che il Servizio Sanitario è un settore trainante per la salute e l’economia di uno stato e aiutare i cittadini a scegliere con facilità quando si tratta della loro salute».

Tre sono i perni su cui deve basarsi il cambiamento: «la governance, il management e la responsabilità di chi è in prima linea».

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Walter Ricciardi, presidente ISS

Un momento di cambiamento epocale, dunque, nel quale tuttavia il SSN non solo tiene ma migliora il 65% delle sue performance. Ha dichiarato così Sabina Nuti, responsabile del laboratorio “Management e sanità” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che seppur non presente per motivi personali all’evento ha fatto arrivare i dati alla platea. «Se analizziamo la capacità di miglioramento dei sistemi sanitari rispetto al 2014, dai dati del Sistema di valutazione del Network delle Regioni scopriamo che su 92 indicatori valutati nel 65% dei casi la performance è migliorata e nel 40% si è ridotta la variabilità geografica tra le aziende, il che significa che le Regioni sono riuscite a garantire anche maggiore equità», ha fatto sapere Nuti.

Questo non significa che non ci siano dei problemi. Secondo Francesco Ripa di Meana, presidente Fiaso, «alcuni problemi si sono acutizzati: il personale a tempo indeterminato diminuisce mentre le inidoneità raggiungono in media l’11,8%; il tasso di obsolescenza tecnologica dei nostri ospedali è passato dal 70% del 2009 all’80% del 2013, quello delle Asl dal 71 all’85%; le risorse della sanità digitale sono in costante diminuzione, eccezion fatta per lo scorso anno».

«FIASO – conclude Ripa di Meana – è in prima linea nel raccogliere la sfida del “fare meglio con meno”, ma è necessario sostituire questa visione astratta del miglioramento all’infinito quasi per inerzia, costituito da interventi che finiscono in realtà per incidere su diritti, asset e governo del sistema».

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Ripa di Meana, presidente di FIASO

I punti caldi che riguardano il farmaco

Il problema del prezzo dei farmaci

«Il cuore della questione è che nuovo non è sinonimo di innovativo – ha affermato Giuseppe Traversa, del Comitato scientifico dell’Istituto superiore di Sanità. – Secondo diversi studi pubblicati di recente tra cui uno su JAMA Oncology, il prezzo dei costosissimi nuovi farmaci oncologici è quasi del tutto indipendente da guadagno apportato in termini di “sopravvivenza libera dalla progressione della malattia”. Piuttosto sembra che i prezzi riflettano quello che i mercati sono in grado di sostenere».

Se gli americani stanno tentando di ovviare a questo fenomeno chiedendo alle aziende maggiore trasparenza riguardo agli investimenti in ricerca (ammesso che questo singolo dato possa essere realmente indicativo), altri paesi europei stanno invece adottando vie di uscita che prevedono la contrattazione del prezzo per QALY, acronimo che sta per “Quality Adjusted Life Years”, unità di misura degli incrementi di aspettativa di vita connessi agli interventi sanitari.
Infine, ma non da ultimo, un’altra arma risiede nell’appropriatezza prescrittiva, sulla quale c’è ancora molto da lavorare, come mostrano i dati illustrati da Traversa, che vedono il Lazio consumare per ciascun assistito 5 volte più dosi di farmaci di quelle consumate dagli abitanti veneti o dell’Emilia Romagna.

Quello che può servire, ha proposto Traversa, è esplicitare il contributo aggiuntivo di un farmaco: l’EMA potrebbe svolgere questo compito o in sostituzione enti nazionali come l’inglese NICE o il tedesco IQWG. Anche favorire la concorrenza così come sposare, in base alle capacità economiche dei paesi, la politica del “No, grazie”.

Razionamento dell’innovazione tecnologica

«È una illusione che il nostro SSN performi benissimo», ha affermato senza giri di parole Federico Spandonaro, presidente del Crea-sanità dell’Università Tor Vergata di Roma, che a riprova mostra i segnali di “razionamento” dell’innovazione farmacologica nel nostro Paese, marcati da un minor consumo di nuove molecole rispetto ai Paesi Big dell’Ue, che sono del 90% nel 2014, con un 32% di molecole approvate dall’Agenzia europea del farmaco, l’EMA, che nel nostro mercato non sono proprio entrate.
Segnali allarmanti, che per Spandonaro «impongono di definire chiaramente quali siano le priorità del nostro SSN».