Un ampio studio retrospettivo americano ha valutato la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti cui era stato impiantato un defibrillatore (ICD) o un defibrillatore per la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT-D).

defibrillatore impiantabile
La sopravvivenza dei pazienti con defibrillatore impiantabile si è dimostrata migliore nelle donne

I risultati dello studio sono stati presentati all’ESC Congress 2016.

Particolare attenzione nell’analisi dei dati è stata posta alle differenze di genere. A 10 anni sono risultate favorite le donne.

I defibrillatori impiantabili

Il defibrillatore impiantabile, noto con la sigla ICD, è un piccolo dispositivo in titanio che viene impiantato sotto la cute ed è alimentato a batteria. Il suo compito è quello di monitorare il ritmo cardiaco e somministrare una lieve scarica elettrica se necessario. È stato sviluppato a Baltimora (USA) negli anni ’70 ed è in uso nella pratica clinica da oltre vent’anni.

Il CRT-D invece è un dispositivo impiantabile per la terapia di resincronizzazione cardiaca che unisce la funzione pacemaker-resincronizzatore a quella di defibrillatore.

«Viene utilizzato in genere in pazienti con scompenso cardiaco, soggetti ad aritmie maligne che portano a morte improvvisa ma anche per condizioni più rare come la Sindrome da QT lungo o la Sindrome di Brugada – spiega al Congresso Michele Gulizia, direttore Cardiologia Ospedale Garibaldi di Catania e Local Press Coordinator ESC – In Italia ogni anno ne vengono impiantati oltre 45mila tra pacemaker CRT e ICD, che ricerca e innovazione hanno reso sempre più efficaci, sicuri e longevi in termini di durata della batteria che li alimenta. Una necessità data anche dalla maggiore aspettativa di vita della popolazione e anche i pazienti chiedono nel 73% dei casi informazioni proprio sulla durata della batteria, per sapere se e quando dovrà affrontare un secondo intervento. Evenienza, quella di dover sostituire il dispositivo per scarica del generatore, che interessa una volta il 70% dei pazienti e due o più volte il 40%».

Lo studio sulla sopravvivenza dei pazienti con defibrillatore

I dati presentati all’ESC sono stati estratti da un ampio database di monitoraggio. Lo studio retrospettivo ha preso in esame oltre 329.000 pazienti di entrambi i sessi. L’obiettivo era valutare la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti con defibrillatore (ICD) o defibrillatore per la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT-D).

La mortalità è stata dedotta incrociando i dati del Social Security Death Index.

Gli oltre 300.000 soggetti avevano un età media di 64 anni, erano maschi nel 73,5% e avevano un defibrillatore impiantabile nel 70,6%.

La sopravvivenza a 10 anni si è rivelata a favore del sesso femminile, interessando il 66,9% delle donne rispetto al 61,7% degli uomini. L’outcome è stato migliore di 1,18 volte (p<0,0001).

Lo scompenso cardiaco è una condizione patologica che interessa circa 3 milioni di persone nei 5 principali paesi Europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna). «Di questi uno su 3 è a rischio arresto cardiaco e rischia da 6 a 9 volte di più rispetto ai soggetti sani –  precisa Franco Romeo, direttore Cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma e Local Press Coordinator ESC – L’impianto del defibrillatore ha permesso di ottenere un rischio di morte di oltre il 20% in meno rispetto ai soggetti trattati con farmaci».

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