La chikungunya è una malattia virale acuta febbrile che provoca dolori articolari ed esantema. È sostenuta dal Chikungunya virus (CHIK), della famiglia delle Togaviridae, genere Alphavirus. Ha carattere epidemico ed è trasmessa dalla puntura di zanzare infette.

La chikungunya è una malattia virale acuta febbrile che provoca dolori articolari ed esantema. È causata dal Chikungunya virus e trasmessa da zanzare infette
La chikungunya è una malattia virale acuta febbrile che provoca dolori articolari ed esantema. È causata dal Chikungunya virus e trasmessa da zanzare infette del genere Aedes

La parola “chikungunya” significa in lingua Makonde “contorcersi” o “ciò che si piega”, a testimonianza dei dolori in ossa e muscoli causati dalla malattia, che portano alla tipica postura curva.

Sintomi della chikungunya

I sintomi, che comprendono:

  • febbre,
  • dolori articolari intensi tanto da limitare i movimenti facendo restare immobili in posizione antalgica,
  • cefalea,
  • nausea,
  • astenia,
  • rash cutaneo.

I sintomi sono presenti in oltre il 75% delle persone infettate ed esordiscono con la febbre 3-7 giorni dopo la puntura della zanzara. La febbre dura tipicamente 4 giorni nella prima fase della malattia. In questa fase, alla febbre si aggiungono cefalea e atralgia importante che durano 6-10 giorni. Segue la comparsa di un esantema maculopapulare pruriginoso che si estende su tutto il corpo e si risolve in pochi giorni. Torna inoltre la febbre per altri due o tre giorni. La poliartrite, invece, può cronicizzare e durare per mesi, manifestandosi prima con piccoli rigonfiamenti delle articolazioni distali e arrivando a immobilizzare il paziente a causa del dolore e della mancanza di forza muscolare.

Casi gravi o mortali sono eccezionali e riguardano con maggiore frequenza i bambini sotto l’anno d’età e le persone anziane.

Allo stato attuale non sono disponibili né farmaci specifici né un vaccino. L’unica forma di prevenzione è evitare la puntura delle zanzare vettrici. La terapia è sintomatica volta al controllo delle atralgie.

Diagnosi differenziale dall’artrite reumatoide

Studi condotti sulla patogenesi della malattia avvicinano la Chikungunya cronica all’artrite reumatoide. L’infezione da Chikungunya condivide anche molte caratteristiche cliniche con l’artrite reumatoide. Il meccanismo di CHIKV che induce l’artrite persistente rimane da indagare, tuttavia al momento, vi è accordo sul fatto che Chikungunya e AR presentano molte vie immuno-cellulari e citochiniche in comune e coinvolte nel loro sviluppo.

«Le manifestazioni della malattia – spiega Vincenzo Bruzzese, Past president della Società Italiana di Gastro reumatologia – vengono spesso confuse e trattate come artrite reumatoide, è invece necessario indagare più approfonditamente per una diagnosi differenziale corretta. Chiedere al paziente se sia da poco rientrato da un viaggio o risieda in Paesi in cui la zanzara sia presente e indagare l’insorgenza di febbre, è un buon inizio, per migliorare il processo di diagnosi precoce e intervenire repentinamente».

Trasmissione della chikungunya

La trasmissione all’uomo avviene attraverso la puntura di zanzare infette appartenenti al genere Aedes. 

Il virus, infatti, resta in circolo per circa 5 giorni dopo l’inizio dei sintomi e in questo periodo può essere assunto da una zanzara di una specie suscettibile che punga il malato. La zanzara trasferisce quindi il virus alla persona punta successivamente.

In Italia la specie implicata è Aedes albopictus, la ben nota zanzara tigre, probabilmente importata accidentalmente verso la fine del secolo scorso. Le prime segnalazioni sulla presenza di Aedes albopictus in Italia risalgono al 1990, ma nel 2006 la zanzara tigre era già presente in quasi tutto il territorio nazionale. La densità maggiore è stata registrata nelle pianure, nelle aree costiere e in zone con vegetazione abbondante. Una mutazione, avvenuta probabilmente all’inizio di questo secolo, ha consentito al virus di adattarsi alla zanzara tigre. Questa ne è diventata così un importante vettore, rendendo la malattia potenzialmente diffusibile nel nostro paese e in altre aree dell’Europa mediterranea.

«La malattia è generalmente benigna e guarisce spontaneamente. – affermano Massimo Galli, vice-presidente SIMIT, e Massimo Andreoni, past president SIMIT. – È però caratterizzata da una febbre che nei primi giorni può essere molto alta e da dolori articolari anche intensi che possono permanere per settimane».

Diffusione della chikungunya

La prima epidemia nota è stata descritta nel 1952 in Tanzania. Il virus è endemico in vaste aree della zona intertropicale. L’introduzione di viaggiatori viremici in aree con condizioni atmosferiche adatte alla vita del vettore Aedes albopictus espone al rischio che si verifichino nuovi focolai di trasmissione locale. Nell’Ue tale rischio è attualmente considerato moderato.

La capacità di diffusione della malattia in aree mai precedentemente toccate è drammaticamente testimoniata da quanto accaduto nelle Americhe. Il virus Chikungunya è infatti sbarcato per la prima volta in Saint Martin, un’isola dei Caraibi, solo alla fine del 2013. Da allora la malattia ha interessato 45 paesi del continente americano in cui si stima si siano verificati, all’aprile 2017, oltre un milione e settecentomila casi. Soltanto nel 2016, l’Ufficio regionale delle Americhe per l’Organizzazione mondiale della sanità ha notificato 146mila casi di chikungunya confermati in laboratorio.

Nel 2014 in Europa sono stati segnalati 1461 casi (816 confermati), 39 dei quali osservati in Italia. Con l’eccezione di 11 casi autoctoni, tutti riportati in Francia, le persone colpite avevano contratto l’infezione durante viaggi al di fuori dell’Europa.

In Italia «la segnalazione dei casi di febbre Chikungunya in persone che non si sono recate in aree tropicali non desta particolare meraviglia»  dichiarano Massimo Andreoni e Massimo Galli. Nel mese d’agosto 2017, inoltre, sono stati segnalati nel sud della Francia sei casi analoghi in persone viventi nei dintorni di Cannet-des-Maures (Var).

L’Italia ha già sperimentato dieci anni fa un’epidemia che ha coinvolto, tra luglio e settembre 2007, un totale di 205 persone residenti a Castiglione di Cervia e Castiglione di Ravenna.

Al 14 settembre 2017, nel Lazio sono stati registrati 17 casi di Chikungunya (di cui 6 a Roma) confermati dal Servizio regionale di sorveglianza malattie infettive. (Fonti ISS e OMS)

Raccomandazioni della SIMIT per arginare la diffusione di chikungunya

Nel libro bianco consegnato alle Autorità sanitarie nel 2015, SIMIT raccomandava l’ulteriore implementazione di due azioni fondamentali:

  • programma di controllo dei vettori,
  • programma di sorveglianza epidemiologica.

Questi hanno lo scopo di identificare tempestivamente i casi di importazione e i focolai autoctoni. La rete dei reparti di malattie infettive degli ospedali rappresenta un presidio di primaria importanza per la rapida diagnosi dei casi e per la loro corretta assistenza.

La Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) è punto di riferimento a livello nazionale per i professionisti in infettivologia e raccoglie migliaia di specialisti in tutte le regioni italiane. SIMIT, con oltre 700 associati, rappresenta la maggioranza degli infettivologi italiani operanti sul territorio nazionale.

Precisazione sulle donazioni di sangue

A seguito dei 64 casi segnalati nel Lazio al 18 settembre 2017, Rodolfo Lena, presidente della Commissione politiche sociali e salute della Regione Lazio, chiarisce in una nota chi e come può donare sangue.

«Mi giungono notizie per cui tra la popolazione ci sono ancora dubbi circa le donazioni di sangue, alla luce della possibilità di diffusione del virus Chikungunya. È utile, pertanto, fare chiarezza.» – afferma Rodolfo Lena.

«Abbiamo sostenuto con successo presso il Centro nazionale sangue – continua Lena – che per il momento è sufficiente escludere dalle donazioni solamente i residenti dell’area di Anzio e della Asl Roma 2, incoraggiando anzi il resto della popolazione a recarsi presso i centri trasfusionali. Nello specifico, per quanto riguarda i globuli rossi, possono donare

  • i non residenti nelle aree affette e chi non vi ha soggiornato;
  • i non è residente nelle aree affette e chi vi ha soggiornato.

In questo secondo caso, le sacche di sangue donato vengono semplicemente messe in quarantena per 5 giorni e poi, in assenza dell’insorgere del virus nei donatori, monitorati da medici di famiglia e volontari, possono normalmente essere utilizzate».

«Per quanto riguarda plasma e piastrine – aggiunge Lena – può donare:

  • chi è residente nelle aree affette,
  • chi, pur non essendo residente, vi ha soggiornato.

In entrambi i casi, il Servizio trasfusionale “inattiverà” le unità donate o invierà il plasma all’industria. Donare seguendo queste indicazioni è completamente sicuro e anzi, in questo momento, è ancor più necessario. È dimostrato, infatti, che il rischio maggiore per la salute pubblica è più legato alla carenza di scorte di sangue per trasfusioni, che alla diffusione del virus della Chikungunya» – conclude Lena.

Il piano di sorveglianza per la Chikungunya

Dal 2008 in Italia è attivo il “Piano di sorveglianza e risposta alle arbovirosi trasmesse da zanzare invasive (Aedes sp.) con particolare riferimento ai virus Chikungunya, Dengue e Zika – 2018 (Circolare 18 maggio 2018)”.

Il piano di sorveglianza delinea come obiettivo principale la riduzione del rischio di trasmissione autoctona di virus Chikungunya, Dengue e Zika sul territorio nazionale anche attraverso l’immediata notifica del caso sospetto.

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