Le terapie immunoncologiche rappresentano la frontiera più avanzata della medicina, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei tumori. Di pari passo all’immissione in commercio di nuovi prodotti, tra cui le nuove terapie a base di cellule CAR-T, anche il mercato di questo segmento emergente di prodotti biofarmaceutici è atteso in crescita nei prossimi anni e dovrebbe attestarsi nel 2022 a circa 3,9 miliardi di dollari, secondo una recente analisi di Frost & Sullivan (“Immuno-oncology Therapeutics Market—Adoptive T-cell Therapies, Forecast to 2022”).

Le moderne terapie immunoncologiche CAR-T hanno interessanti prospettive di mercato, secondo Frost & Sullivan

La ricerca premia le pmi

I nuovi modelli di ricerca vedono protagonisti i gruppi universitari e le piccole e medie imprese, che si occupano delle prime fasi dello sviluppo per poi cedere il progetto alle big del mercato farmaceutico e biotech che completano lo sviluppo clinico. Proprio le realtà più piccole, secondo F&S, beneficerebbero in modo particolare dei primi, promettenti risultati ottenuti nei test clinici dalle terapie CAR-T (cellule T che esprimono recettori chimerici per l’antigene) e TCR (rivolte, invece, a uno specifico recettore delle cellule T). Le tecnologie sono state, infatti, oggetto di importanti partnership con attori industriali, collaborazioni che secondo F&S potrebbero premiare le pmi con cospicui ritorni da reddito da investimento.

Tra le big, il rapporto individua un gruppo di aziende da seguire da vicino in quanto al centro dell’innovazione; alcune di esse sono già fermate da tempo sui mercati (Gilead/Kite Pharma, Celgene, Novartis), altre sono invece nuovi player emergenti (Intrexon Cellectis, Juno Therapeutics, Bellicum, Ziopharm, Bluebird Bio).
La mancanza di infrastrutture produttive, i prezzi elevati e le politiche di rimborso poco chiare continuano a rappresentare degli ostacoli importanti per la realizzazione delle terapie con cellule T; tuttavia, l’obiettivo finale di incrementare la sopravvivenza globale non è insormontabile” ha commentato Barbara Gilmore, Senior industry consultant per il settore Transformational Health di F&S. Secondo l’analista saranno Juno, Gilead e Novartis a contendersi nei pressi anni il ruolo di leader del mercato, e uno degli elementi fondamentali di successo sarà la capacità di diminuire gli effetti avversi che attualmente caratterizzano questo tipo di approccio, come ad esempio la riduzione della sindrome da rilascio di citochine (CRS) e i tempi del processo ‘vein-to-vein’. “La ricerca attuale mira a sviluppare terapie allogeniche che sostituiscano quelle autologhe specifiche per ogni paziente con terapie standardizzate realizzabili con donatori non consanguinei — un trattamento accessibile a un maggior numero di pazienti”, ha anche aggiunto la ricercatrice di F&S.

Quattro imperativi la crescita

Gli analisi di F&S hanno individuato quattro ambiti sui cui concentrare l’attenzione per la messa a punto di strategie di crescita particolarmente efficaci nel campo delle terapie adottive con cellule T. A partire dall’identificazione dei tumori ancora privi di cure efficaci, dove i prodotti immunoncologici potrebbero rappresentare un’importante alternativa terapeutica. Le terapie cellulari geneticamente modificate, inoltre, dovrebbero puntare a rendere possibile l’accesso in tempo reale ai dati sulla remissione e la sopravvivenza dei pazienti coinvolti negli studi clinici, in modo da poter effettuare attività precoci di HTA da parte dei payers e dei decisori politici volte a determinare il valore potenziale delle terapie.
Gli investimenti nel campo delle terapie CAR-T e in terapie adottive con cellule T dovrebbero basarsi sulla creazione di partnership, suggerisce il rapporto, volte più in generale a favorire i progressi nella cura di tutte quelle malattie che vedono coinvolte le cellule del sistema immunitario. Non da ultimo, tali investimenti devono includere anche tutti gli aspetti più direttamente connessi alle tecnologie necessarie per maneggiare le cellule utilizzate per le terapie, dalla crioconservazione alla creazione di lentivirus e allo sviluppo di prodotti allogenici.
Un’altra possibile chiave di successo suggerita da Barbara Gilmore vede le aziende sfruttare i progressi della ricerca nei test combinati, che pongono maggiore attenzione al percorso volto ad incrementare i tassi di risposta invece che studiare le singole terapie mirate. Secondo tale approccio, è l’ipotesi di Gilmore, un prodotto combinato creato da una sola azienda dovrebbe spuntare prezzi più competitivi rispetto alle terapie mirate sviluppate e commercializzate da un’alleanza di competitor.