Il rigetto dei bioelettrodi è un problema che influisce sull’efficacia degli interventi terapeutici, per esempio, nel campo dell’epilessia o di quelli mirati a restituire la vista ai pazienti con il nervo ottico compromesso. Ma in futuro questo scoglio potrebbe venire superato grazie alla disponibilità della nuova pellicola litofotografica SU8 che permette di creare elettrodi che non presentano tossicità per i tessuti umani. Il nuovo nanomateriale è stato sviluppato dal gruppo di ricerca in nanoingegneria della Libera Università di Bolzano, coordinato dal prof. Paolo Lugli e dal ricercatore Aniello Falco, ed è descritto in un articolo pubblicato su Nature Scientific Reports

Il professor Paolo Lugli ( a destra) e il ricercatore Aniello Falco, della Libera Università di Bolzano, hanno sviluppato il nuovo adesivo biocompatibile SU8 (credits: Libera Università di Bolzano)

Bioelettrodi biocompatibili, stabili e a basso costo

Al centro della ricerca, condotta in collaborazione con il Center for Synaptic Neuroscience dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e l’Imperial College di Londra, vi è l’adesivo SU8, che sostituisce il cromo tipico dei prodotti tradizionali. Il fotopolimero forma una pellicola chimicamente inerte, modellabile grazie all’azione della luce ultravioletta utilizzando un semplice processo fotolitografico che presenta costi potenzialmente molto contenuti. “L’SU8, che aderisce molto meglio all’oro rispetto al cromo o al titanio, consente al tempo stesso di definire forme arbitrarie per gli elettrodi, permettendo così a quest’ultimi di leggere con maggiore dettaglio il potenziale di azione dei neuroni. Per questa ragione, i nuovi bioelettrodi possono essere sfruttati per studi più precisi sul cervello”, ha spiegato Aniello Falco.
La pellicola viene utilizzata per rivestire i bioelettrodi d’oro – delle dimensioni di pochi micron – che potrebbero così essere impiantati nel cervello senza provocare un rigetto: il metodo, ad esempio, potrebbe trovare utilizzo per misurare l’attività elettrica del cervello in modo molto più raffinato rispetto alle attuali possibilità basate sull’elettroencefalogramma. Nel campo oftalmico, secondo i ricercatori bolzanini, la nuova tecnologia potrebbe essere applicata per inserire chip sotto al nervo ottico dei pazienti con danni alla retina, anche in questo caso con minori probabilità di rigetto.
I bioelettrodi standard usati in laboratorio sono realizzati in oro, materiale che garantisce un’alta conduttività elettrica e la compatibilità con i tessuti umani. L’impianto in loco, però, richiede uno strato di adesivo per fissare il bioelettrodo a un supporto (tipicamente di vetro, quarzo o plastiche biocompatibili) posto direttamente a contatto con le cellule. Il principale materiale adesivo finora utilizzato è il cromo, che però presenta problemi di citotossicità.

Un progetto europeo

La ricerca si colloca nell’ambito del progetto europeo Olimpia, mirato allo sviluppo di biosensori e soluzioni tecnologiche innovative che coniughino neurologia ed elettronica. “Il risultato che abbiamo raggiunto si inserisce nella nostra attività di ricerca che mira a sviluppare tecnologie innovative basate su processi di stampa”, ha commentato il professor Lugli, rettore della Libera Università di Bolzano e coautore della ricerca, “Grazie ad esse sarà possibile realizzare componenti e circuiti elettronici a basso costo, come una comune stampante inkjet, e su substrati non convenzionali come, ad esempio, plastica, vetro o carta. Oltre alle applicazioni mediche, stiamo pensando ad altri utilizzi nel campo della sensoristica, della agricoltura di precisione o dei tessuti intelligenti”.