Alessia Ciancio: occorre il supporto istituzionale, regolamentativo ed economico per poter eseguire uno screening su tutta la popolazione generale e attuare il piano di eradicazione dell'infezione da HCV

Esiste una terapia orale di semplice gestione che, in poche settimane, è in grado di eliminare l’infezione da HCV. Ma ancora molti pazienti nei quali è stata diagnosticata l’epatite C non sono stati trattati e, soprattutto, resta il problema del sommerso. Gli esperti, quindi, ritengono necessario avviare campagne di screening in tutta la popolazione per individuare le persone infette che non sanno di esserlo.

Che cosa manca per realizzare il piano di eradicazione dell'epatite C?
Alessia Ciancio: occorre il supporto istituzionale, regolamentativo ed economico per poter eseguire uno screening su tutta la popolazione generale e attuare il piano di eradicazione dell’infezione da HCV

Secondo gli ultimi dati dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), aggiornati al 7 ottobre 2019, sono 193.815 i trattamenti finora avviati nei soli pazienti eleggibili, con almeno una scheda di dispensazione farmaco. Si tratta di numeri importanti, ma non ancora sufficienti: risultano infatti ancora da trattare, tra quelli con virus conclamato, fra 60.000 e i 120.000 pazienti. Si stima, inoltre, che siano ancora oltre 200.000 le persone con virus ignare della propria condizione.

«Per un programma di eliminazione nazionale occorre il supporto istituzionale, regolamentativo ed economico, per poter eseguire uno screening su tutta la popolazione generale – sottolinea Alessia Ciancio, gastroenterologo professore associato Università di Torino e Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza – Potremmo essere arrivati a metà del lavoro, ma si stima ci siano almeno altri 200.000 infetti ignari della propria condizione. Tra questi, però, ci potrebbero essere anche persone che sono risultate positive agli anticorpi, quindi già guarite o trattate. Inoltre, probabilmente, a questi pazienti vanno aggiunti quelli che non presentano fattori di rischio o per cui l’HCV non è mai stata diagnosticata. I principali indagati restano i cosiddetti pazienti “difficili” le cosiddette Key population: si tratta di soggetti tossicodipendenti, o detenuti, o che si sono sottoposti in passato a procedure particolari. Il vero problema è la popolazione generale».

«Il personale scientifico è pronto – aggiunge Alessia Ciancio – ma mancano le istituzioni, sia a livello regionale che nazionale. Ciò che i medici possono fare purtroppo è soltanto una microeradicazione, perché possono intervenire e inserirsi soltanto in ambienti che ben conoscono. Ma per un programma di eradicazione nazionale occorre il supporto istituzionale, regolamentativo ed economico, per poter eseguire uno screening su tutta la popolazione generale. L’esperienza fatta in altri Paesi, infatti, confermerebbe che questa, e solo questa, è la via giusta per la tanto attesa eradicazione».

Farmaci disponibili per il trattamento dell’epatite C

L’AIFA, nell’ambito del Piano di eradicazione dell’infezione da HCV, con la determina n. 500/2017, ha ridefinito 11 criteri che consentiranno di trattare tutti i pazienti per i quali è indicata e appropriata la terapia per la cura dell’epatite C cronica, comprese le associazioni di almeno 2 farmaci antivirali ad azione diretta di seconda generazione (DAAs).

Tra le due associzioni pangenotipiche a disposizione, quella basata su glecaprevir e pibrentasvir rappresenta il trattamento più breve.

«Questo vantaggio – spiega Stefano Bonora, professore associato presso Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Torino – si traduce in una gestione clinica semplificata sia per il medico che per il paziente, con ricadute ovvie non solo nella gestione di pazienti “difficili”, quali tossicodipendenti, carcerati, homeless e pazienti psichiatrici, ma anche per il “paziente tipo”, rappresentato per lo più da una persona anziana, che assume già diversi farmaci per varie comorbidità».

HCV: Be Fast, Be Different

Si è concluso a Torino l’ultimo dei quattro appuntamenti nazionali del progetto “HCV: Be Fast, Be Different”, promosso da Abbvie. L’iniziativa segue i meeting tenutisi in precedenza in primavera a Matera e Roma e in Settembre a Milano.

Si è trattato di quattro iniziative di alto valore scientifico rivolte agli specialisti infettivologi, epatologi e internisti, per coordinare le attività volte ad individuare le persone che non sanno di essere infette o che non si sono ancora sottoposte alla terapia gratuita per eliminare il virus HCV.

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