PierLuigi Zinzani ha illustrato

Le nuove frontiere delle terapie per i tumori ematologici come quelle riguardanti le CAR-T (Chimeric Antigen Receptor), con ampliamento dell’uso della terapia in altre patologie ematologiche, come altri linfomi, mieloma multiplo e leucemia linfatica cronica, le nuove armi contro i linfomi non Hodgkin e lo stato dell’arte nella cura della leucemia mieloide acuta sono stati alcuni dei temi al centro del 47° Congresso della Società Italiana Ematologia (Roma 7-9 ottobre 2019).

Nuove terapie per i tumori del sangue
PierLuigi Zinzani ha illustrato lo stato dell’arte delle terapie per i linfomi

«Il Congresso SIE rappresenta l’evento più sentito dagli ematologi italiani: ogni due anni, i maggiori esperti nazionali e internazionali del settore si confrontano per discutere le principali e più diffuse tipologie di tumori del sangue e i progressi, i nuovi obiettivi e gli scenari terapeutici della disciplina – dichiara Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia e Direttore Divisione di Ematologia Fondazione INT, Cattedra di Ematologia Università degli Studi di Milano. – Il mondo delle malattie del sangue è stato rivoluzionato dalla possibilità di curare alcune patologie del sangue, soprattutto quelle neoplastiche, senza chemioterapia, in primis grazie alle CAR-T cell. I dati consolidati a medio-lungo termine mostrano infatti che il 50% di pazienti con Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) e il 35% di Linfomi non Hodgkin Diffusi a Grandi Cellule B (DLBCL) hanno un controllo duraturo della malattia che potrebbe corrispondere a guarigione».

L’obiettivo della SIE è sostenere la lotta ai tumori del sangue e, più in generale, il progresso dell’ematologia, promuovere l’assistenza ai pazienti e dare impulso alla formazione e all’aggiornamento professionale.

Stato dell’arte sulla terapia CAR-T

«Ad oggi le CAR-T sono disponibile in Europa per il trattamento di pazienti giovani adulti (fino a 25 anni di età) e pediatrici affetti da Leucemia Linfoblastica acuta B refrattaria o ricaduta dopo due linee di trattamento e di pazienti adulti affetti da Linfoma non Hodgkin Diffuso a grandi cellule B e Linfoma non Hodgkin primitivo del mediastino refrattario o ricaduto dopo due linee di terapia. Sono state approvate in Italia per l’utilizzo nei pazienti affetti da Leucemia Linfoblastica e Linfomi ad alto grado che non hanno risposto o hanno avuto delle ricadute dopo aver ricevuto le terapie convenzionali per queste patologie (chemio e radioterapia). In base ai criteri stabiliti da AIFA – prosegue Corradini. – Il potenziale vantaggio rappresentato dalla terapia Car-T è la possibilità di eseguire un trattamento di possibile efficacia in pazienti che non hanno alternative terapeutiche dal punto di vista delle terapie standard (chemio e radioterapia)».

«Le patologie in cui le CAR-T si sono dimostrate una terapia molto promettente sono la Leucemia Linfoblastica Acuta, i Linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule, il Linfoma primitivo del mediastino e il Mieloma Multiplo. Si sta lavorando per l’ampliamento della terapia ad altre patologie ematologiche, come ad altri linfomi, al mieloma multiplo e alla leucemia linfatica cronica. In seconda istanza ci sono già degli studi attivati su alcuni tumori solidi».

La terapia può essere somministrata soltanto da centri accreditati:

«Le procedure di qualificazione dei centri dipende da a) criteri stabiliti da AIFA, b) dalla selezione fatta dalla Regione, c) dall’aver superato i parametri di qualifica imposti dalle due aziende autorizzate alla commercializzazione da EMA. Ad oggi sono qualificati 5 centri lombardi (Ospedale San Raffaele, Ospedale Humanitas, Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Pediatria dell’Ospedale San Gerardo di Monza e la Fondazione INT di Milano), 1 del Lazio e 1 della regione Emilia-Romagna; è in corso la qualificazione per la regione Piemonte, Veneto e Toscana» – conclude Corradini.

Tumori del sangue (linfomi, mielomi e leucemie)

Con oltre 33.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno, i tumori del sangue si collocano al quinto posto della classifica dei più frequenti nel nostro Paese ma i passi avanti della ricerca confermano terapie salvavita efficaci. Infatti se da una parte i nuovi dati di ricerca epidemiologica registrano nuovi casi di linfomi, mielomi e leucemie, dall’altra la mortalità è in costante riduzione. Questo grazie a nuove terapie tra cui i nuovi farmaci e le CAR-T cell.

Le neoplasie ematologiche appartengono a tre macro-gruppi: leucemie, linfomi e mielomi. All’interno di queste macro-aree esistono decine di sottotipi diversi di neoplasie che possono manifestarsi in forma acuta (più grave e aggressiva) o in forma cronica. In generale, queste forme tumorali colpiscono il midollo osseo che produce le cellule ematiche principali, cioè globuli bianchi, rossi e piastrine.

Le cause delle neoplasie ematologiche in molti casi non sono note, tuttavia è importante non sottovalutare alcuni segnali, in modo da poter giungere tempestivamente ad una diagnosi. È importante consultare il medico in presenza di febbre o febbriciattola, senso di debolezza che perdura per più di due settimane, dolori alle ossa o alle articolazioni, inappetenza e dimagrimento eccessivo, gonfiore indolore di un linfonodo superficiale del collo, ascellare o inguinale. 

Per alcune forme tumorali, sono comunque noti alcuni fattori di rischio, come la debolezza del sistema immunitario, infezione da virus di Epstein Barr, infezione da Epatite C.

Le leucemie

L’origine delle leucemie è la proliferazione incontrollata delle cellule staminali, cioè cellule “immature” che dovrebbero dare vita ai globuli bianchi, rossi e alle piastrine. Può accadere che una delle staminali interrompa il processo di maturazione o che, al contrario, si replichi senza limiti diventando resistente ai meccanismi di morte cellulare programmata. Se accade questo, i cloni neoplastici che si generano invaderanno il sangue, ma anche altre parti del corpo, come milza, fegato, linfonodi.

Le leucemie si distinguono in acute, a progressione veloce, e croniche, a progressione più lenta. Si distinguono, inoltre, le leucemie mieloidi, che coinvolgono le cellule mieloidi da cui si sviluppano parte dei globuli bianchi, rossi e piastrine e le leucemie linfoidi, forme che originano dalle cellule linfoidi da cui si sviluppano i linfociti.

Secondo i dati epidemiologici nazionali, in Italia vengono diagnosticati in totale ogni anno circa 3.500 nuovi casi di leucemia acuta, con una percentuale di sopravvivenza dei pazienti circa del 45% a 5 anni dalla diagnosi. L’incidenza delle leucemie è in crescita, mentre la mortalità è in diminuzione. Un dato rilevante riguarda le leucemie infantili: oggi 8 bambini su 10 guariscono dalla malattia.

Leucemia mieloide acuta

«La leucemia mieloide acuta è una malattia neoplastica che coinvolge le serie mieloide della mielopoiesi. Si tratta quasi sempre, tranne rare situazioni, di una malattia della cellula staminale emopoietica. Non ci sono fattori di rischio specifici, anche se la patologia è leggermente più frequente nei maschi (incidenza 4,4/100.000/anno versus 3,4 /100.000/anno) e in particolare negli anziani, dopo i 65 anni di età. È sporadica, invece, in età pediatrica (incidenza 1/100.000/anno). In generale, in Italia si contano 1-5/10.000 casi all’anno» – spiega Emanuele Angelucci, vice presidente della Società Italiana di Ematologia e Direttore di Ematologia e Programma Trapianti dell’IRCCS Ospedale Policlinico dell’ospedale San Martino di Genova. 

Si riconosce una forma secondaria alla sindrome mielodispalstica e una forma secondaria alla terapia per un altro tumore.

La malattia si manifesta con sintomi legati alle citopenie periferiche (anemia, infezioni, sanguinamenti). 

«Negli anni la ricerca ha fatto passi importanti nel campo della la leucemia mieloide acuta, anche se forse minori rispetto ad altre patologie ematologiche – dichiara Emanuele Angelucci. – Oggi riusciamo a guarire circa il 50% degli adulti, mentre i risultati sono molto più deludenti negli anziani. Un grande passo in avanti è stato l’utilizzo di donatori familiari non completamente compatibili (aploidentici) che permette di trovare un donatore per circa il 90% dei pazienti candidati al trapianto di cellule emopoietiche allogeniche. La leucemia mieloide acuta rimane la maggiore indicazione oggi al trapianto. Fa eccezione la leucemia acuta promielocitica in cui abbiamo tassi di guarigione di circa il 90%».

Sull’applicazione del modello CAR-T nel trattamento della leucemia mieloide acuta, al momento non ci sono evidenze, pur essendo state avviate ricerche in merito.  Certamente la Leucemia Acuta Mieloide non appare essere il bersaglio più facile per la terapia con le cellule CAR-T.

«Le nuove frontiere della ricerca in questo campo sono tante. In particolare, si cerca di definire sempre meglio le mutazioni che accompagnano la leucemia acuta mieloide per trovare l’inibitore della mutazione stessa. E, dunque, una terapia “intelligente” specifica e personalizzata» – conclude Emanuele Angelucci.

I linfomi

I linfomi sono tumori causati dalla proliferazione incontrollata di linfociti. I linfomi possono essere suddivisi in due grandi gruppi: il Linfoma di Hodgkin, dovuto alla trasformazione dei linfociti B e il Linfoma non Hodgkin, in cui possono essere coinvolte entrambe le tipologie di linfociti (B e T). 

In Italia sono diagnosticati circa 1.200 nuovi casi l’anno di Linfoma di Hodgkin. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni supera l’80%. La malattia colpisce soprattutto in giovane età (prima dei 45 anni, più frequente intorno ai 20 anni): L’incidenza sembra aumentare nel tempo, mentre la mortalità è in costante riduzione.

Sono invece oltre 10.200 i nuovi casi diagnosticati di Linfoma non Hodgkin con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 60%. Anche in questo caso, l’incidenza è in lieve crescita, mentre la mortalità è sostanzialmente stabile. Colpisce in prevalenza persone adulte, oltre i 60 anni.

Terapie per i linfomi

Nell’ambito dei linfomi non Hodgkin, aggressivi e indolenti, un nuovo armamentario terapeutico è rappresentato dagli anticorpi bispecifici.

«Nei primi studi di fase I-II, questi anticorpi hanno mostrato interessanti risultati clinici sia nei linfomi diffusi a grandi cellule e anche nei linfomi follicolari ricaduti o refrattari a diverse linee di chemio-immunoterapia illustra Pier Luigi Zinzani, professore ordinario di Ematologia, Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli”, Università degli Studi di Bologna. – Questa loro efficacia è accompagnata da un discreto profilo di tossicità e inoltre la gestione/somministrazione di questi farmaci può essere svolta in regime di day hospital».

«Un’altra nuova opzione terapeutica nello stesso gruppo di pazienti – prosegue Zinzani linfomi diffusi a grandi cellule e linfomi follicolari ricaduti/refrattari, è rappresentata da un nuovo “checkpoint inhibitor” macrofagico: l’anticorpo anti CD47 in combinazione con rituximab. Il meccanismo di questo anticorpo sfrutta il riconoscimento e l’attivazione nei confronti della cellula linfomatosa da parte del sistema immunitario del paziente. I risultati preliminari sono molto incoraggianti e con una tossicità veramente bassa».

«Il concetto di “chemio-free” terapia nell’ambito dei linfomi follicolari ha trovato un suo reale spazio con la combinazione di lenalidomide (un immunomodulante), e rituximab (un anticorpo monoclinale anti-CD20): nell’ambito dei linfomi follicolari ricaduti/refrattari ha avuto recentemente l’indicazione ufficiale da parte della FDA ed è prossima l’indicazione anche da parte dell’EMA. I risultati dello studio registrato e il successivo aggiornamento hanno mostrato ottime risposte cliniche con la contemporanea netta riduzione della tossicità ematologia ed extraematologica tipica della chemioterapia.

Nell’ambito dei linfomi di derivazione di T-linfocitaria, l’anticorpo anti-CCR4  mogamulizumab ha mostrato interessanti risultati nei pazienti ricaduti/refrattari con linfoma primitivo cutaneo quali la sindrome di Sezary e la micosi fungoide. In questo ambito che storicamente è un “unmet medical need” questo anticorpo ha aperto ed aprirà nuovi scenari terapeutici.

I mielomi

Il terzo macro-gruppo delle neoplasie ematologiche è quello dei mielomi, caratterizzati dall’alterazione delle plasmacellule, localizzate nel midollo osseo e produttrici degli anticorpi. In condizioni normali, ogni plasmacellula produce un anticorpo leggermente differente dagli altri e questo consente al nostro sistema immunitario di essere più forte e capace di rispondere meglio agli agenti esterni. Nel mieloma, invece, interviene una trasformazione: anche in questo caso la plasmacellula si replica in modo incontrollato, producendo numerose copie dello stesso anticorpo.

In Italia, secondo dati SIE, sono stati diagnosticati oltre 4.500 nuovi casi di mieloma all’anno. Colpisce in prevalenza persone oltre i 50 anni, con una incidenza maggiore dopo i 65 anni. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 42%, l’incidenza è nel complesso stabile mentre la mortalità è in lieve calo.

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