Nonostante negli ultimi anni stia aumentando, da parte di medici e pazienti, la consapevolezza che la disfunzione dell’occhio secco sia una vera e propria malattia cronica, oggi la presa in carico di questa patologia risulta ancora difficoltosa.  Il paziente, infatti, non sempre riesce a trovare nei medici una risposta immediata alla propria problematica, come confermano anche i risultati di una indagine telefonica condotta tra giugno e luglio 2019 su un campione di 100 pazienti di studi oculistici sofferenti della malattia dell’occhio secco, in cui circa il 62% degli intervistati ha dichiarato di essersi rivolto ad almeno due specialisti per avere una soluzione soddisfacente. Proprio per offrire uno strumento in grado di superare questa distanza medico-paziente, nasce quindi la app Arianna, il primo strumento mai realizzato fino ad ora per monitorare in remoto la malattia dell’occhio secco.

Arianna Eye Care è una APP gratuita che permette a chi soffre della malattia dell’occhio secco di contare sul costante monitoraggio da parte del proprio oculista, favorendo la corretta gestione di questa patologia cronica
Arianna Eye Care è una app per il monitoraggio della malattia dell’occhio secco

La malattia dell’occhio secco

Si parla di occhio secco quando l’occhio non produce una sufficiente quantità di lacrime o quando le lacrime evaporano troppo rapidamente o non hanno la consistenza corretta. I sintomi più comuni dell’occhio secco sono:

  • sensazione di corpo estraneo, polvere o sabbia negli occhi,
  • bruciore persistente
  • dolore,
  • offuscamento della vista,
  • fotofobia.

La persistenza dei sintomi e lo scadimento della qualità della vita dovuta al fastidio, al dolore e alla riduzione della funzione visiva, possono portare depressione e ansia. Se non trattata, la malattia può portare alla cecità.

La disfunzione dell’occhio secco è una condizione molto comune, che colpisce circa 1 persona su 3 nel mondo, soprattutto con l’avanzare dell’età, secondo i dati diffusi dalla Tear Film & Ocular Surface Society (TFOS), organismo che riunisce 150 scienziati, clinici e professionisti del settore provenienti da 23 Paesi.

«I sintomi che caratterizzano questo disturbo sono diversi e vari – spiega Pasquale Aragona, professore ordinario di Oftalmologia presso l’Università di Messina – per esempio bruciore e dolore agli occhi, secchezza, arrossamento, lacrimazione eccessiva, sensazione di corpo estraneo, visione offuscata, fotofobia, riduzione della capacità di lettura e di guida. Ciascuno di questi fattori può di per sé già limitare notevolmente la vita quotidiana di chi ne soffre: se si considera il fatto che spesso si verificano contemporaneamente, è facile capire come la situazione possa generare nei pazienti anche ansia e depressione, come emerso in alcuni studi internazionali sul tema».

Se in passato l’occhio secco veniva considerato come un semplice disturbo temporaneo e come tale trascurato e non curato, con il rischio di andare incontro nel tempo a problematiche più gravi, oggi, grazie alle raccomandazioni degli oculisti, i pazienti sono più informati e stanno acquisendo una maggiore consapevolezza. Una conferma di questo nuovo atteggiamento può essere trovata anche nei dati acquisiti dal sondaggio citato in precedenza: l’82% degli intervistati considera infatti la sindrome dell’occhio secco una malattia cronica a tutti gli effetti, che monitora attraverso appuntamenti periodici a breve termine (il 53% degli intervistati fissa infatti visite di controllo con una frequenza di 3 – 6 mesi).

Questo tipo di consapevolezza è fondamentale per poter gestire nel modo più corretto ed efficace la problematica, spiega Pierangela Rubino, dirigente medico specialista in oculistica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma:

«Come per tutte le patologie croniche, anche nel caso dell’occhio secco si possono verificare difficoltà di aderenza alla terapia. Per esempio, il fatto di non considerarla una “malattia” sminuisce la necessità di un approccio a lungo termine. Spesso il paziente sta meglio e interrompe la cura, poi peggiora e pensa che, riprendendola, in breve tempo possa migliorare; ma i fattori che hanno modificato il sistema della superficie oculare e innescato il circolo vizioso impiegano del tempo affinché si riducano i danni, se questi nel frattempo non sono già diventati irreversibili. Ecco perché è importante prendere coscienza della cronicità della patologia, ma anche delle fluttuazioni che la caratterizzano. Esistono infatti vari fattori di rischio, ai quali siamo più o meno esposti, che possono riacutizzare o peggiorare la sintomatologia da occhio secco. Per esempio l’aria condizionata, l’esposizione al sole, l’utilizzo di lenti a contatto, l’esposizione continuativa a tv, cellulare e pc sono tutti elementi di rischio di riacutizzazione della patologia precedentemente diagnosticata. Per questo motivo è importante un follow up continuativo».

La terapia per la malattia dell’occhio secco

Data la mutevolezza della malattia nel tempo, anche la terapia dovrà essere dinamica e personalizzata: caratteristiche che dovranno essere ben spiegate dall’oculista, precisa Pierangela Rubino:

«È necessaria un’empatia medico-paziente, con una spiegazione adeguata della patologia e della causa di occhio secco, che varia da caso a caso. Fondamentali quindi la comprensione adeguata del trattamento a seconda dei segni, dei sintomi e di eventuali patologie alla base dell’occhio secco, la presenza di controlli periodici per verificare se le cure stiano funzionando o se debbano essere modificate, l’elargizione di consigli pratici su cosa fare per evitare il peggioramento dei sintomi».

In questo contesto è quindi necessario che il paziente sia consapevole del fatto che la terapia debba essere modulata in funzione del quadro clinico manifestatosi nel tempo, con presidi ad azione multipla, efficaci nel lungo termine e in grado di modificare la storia naturale della patologia aggredendo il fattore fisiopatologico preponderante in quel momento. In particolare, interviene Pasquale Aragona «tra le soluzioni terapeutiche più efficaci oggi disponibili, rientrano i sostituti lacrimali ad azione multipla e, tra questi, quelli a base di trealosio e acido ialuronico, che offrono ottimi risultati a lungo termine nella gestione della patologia, in associazione a terapie con cortisone, nel caso in cui i sintomi si aggravino».

La app Arianna Eye Care: un collegamento costante medico-paziente

Il ruolo chiave giocato dal rapporto medico-paziente nel trattamento dell’occhio secco è il concetto che sta alla base dello sviluppo della app Arianna Eye Care, la prima applicazione pensata per il paziente che soffre di questa patologia. Promossa dal Registro Italiano dei pazienti con Disfunzione Lacrimale, con il contributo educazionale e non vincolante di Thea Farma, Arianna è infatti un’app gratuita disponibile per Ios e Android che connette paziente e medico per tutto il tempo intercorso tra una visita e la successiva.

«L’obiettivo dell’applicazione è accompagnare il paziente nella gestione della malattia dell’occhio secco in modo più continuativo ed efficace – spiega Maurizio Rolando, presidente del Registro Italiano dei pazienti con Disfunzione Lacrimale e Professore di Oftalmologia presso IsPre Oftalmica di Genova. – L’idea prosegue è infatti quella di fornire al paziente un apparato per segnalare che il medico è interessato a sapere come sta, una sorta di “confidente elettronico” in contatto con il medico a cui segnalare il proprio stato, oltre che un sistema per registrare l’andamento della malattia nel tempo».

Il funzionamento di Arianna è semplice, ideale anche per un target senior, maggiormente colpito dalla malattia dell’occhio secco.

«Durante la visita – illustra Maurizio Rolando – il medico può fornire al paziente un link dal quale scaricare la app. Questa manderà in tempi stabiliti delle notifiche al paziente, chiedendogli di segnalare in modo molto semplice come sta. Basterà infatti solo schiacciare un pulsante costituito da un simbolo tipo smile, scegliendo tra le alternative disponibili quella che più rappresenta le sue condizioni al momento, sia per quanto riguarda la frequenza, che l’entità del disturbo. Potrà inoltre segnalare se i suoi sintomi sono cambiati in meglio o in peggio rispetto al periodo precedente e se sta utilizzando costantemente la terapia prescritta o se ha cambiato farmaco e/o posologia. Oggi infatti gli agenti utilizzati nella terapia sono moltissimi, ma non tutti uguali, con una grande confusione sul mercato che talvolta può portare il paziente a cambiare trattamento su consigli di amici, della pubblicità o di altri operatori sanitari magari meno qualificati nello specifico».

In questo modo, Arianna può rappresentare il “collante” ideale tra la prima visita e quelle successive di follow up. Oltre a far sentire il paziente meno solo nel proprio percorso di cura, Arianna costituisce senza dubbio per l’oculista uno strumento in grado di migliorare la compliance terapeutica.