In questi giorni sto riflettendo sul fatto che tra pochi mesi saranno 50 gli anni della mia vita lavorativa; anni tutti passati nel mondo del farmaceutico. Ritengo di essere stato fortunatO, appena fresco di laurea, ad entrare in questo mondo tramite un’azienda multinazionale che con gli anni si è evoluta fino a diventare una delle aziende farmaceutiche leader a livello mondiale; la scelta di non cambiare “squadra” è stata per me una scelta vincente, in quanto ho avuto l’opportunità, che ritengo non certo molto comune, di fare esperienza in molti settori di attività dell’azienda acquisendo competenze ben oltre a quanto inerente alla mia preparazione universitaria di partenza. L’ultima parte del mio percorso mi sta dando anche una altra opportunità “formante”, ho avuto modo di avvicinarmi sia al mondo della distribuzione che alla realtà delle PMI Italiane, un patrimonio spesso ingiustamente dimenticato e mi permetto dire, a volte gestito con una certa approssimazione.

Da tutte queste esperienze, oltre al bagaglio di conoscenza e competenze che ho capitalizzato, ho avuto la conferma di un fatto che diamo tutti per ovvio e scontato, ma che dimentichiamo spesso: l’uomo fa sempre la differenza; dietro ogni successo o fallimento di una azienda c ‘è sempre qualcosa che è imputabile al fattore umano. In 50 anni sono cambiate moltissime cose, soprattutto a livello tecnologico, non credo sia il caso di elencare alcunché a supporto di questa affermazione; il lettore che segue mensilmente la rivista può apprendere dai vari articoli che vengono pubblicati le principali e più significative novità in tal senso.

Proprio su questo numero raccomando di leggere i sei articoli sul tema Tecnologie di frontiera; articoli che spaziano dal Quantum computing e dalle anticipazioni su previsti utilizzi del calcolo quantistico in ambito soprattutto di ricerca chimica e farmaceutico, a nuove applicazioni di Intelligenza Artificiale conversazionale, a esperienze di Machine learning applicate alla Supply Chain con evidenza di come il machine learning nella logistica può aumentare l’efficienza riducendo gli sprechi, favorire decisioni ottimali e, indirettamente, migliorare la performance produttiva; ho trovato poi particolarmente interessante l’articolo “Stella illuminare il microbioma a scopo predittivo” dove si parla di come utilizzare i dati per comprendere meglio gli effetti dei farmaci sull’organismo e per intercettare i campanelli d’allarme di alcune patologie.

L’uomo è l’artefice di queste innovazioni. L’uomo è anche chi decide di adottare queste nuove tecnologie, ma spesso, e qui c’è il rovescio della medaglia: l’uomo è anche chi all’interno dell’azienda resiste al cambiamento, mettendo in grande difficoltà il raggiungimento degli obbiettivi attesi. Ho avuto modo di conoscere molteplici tipologie di comportamenti dell’uomo non in linea con quanto atteso; uomini con ruoli di alto livello, convinti di avere una organizzazione “first class”, ma non inclini a scendere ogni tanto in profondità per avere diretti riscontri sul campo, (mi viene in mente la favola del re in mutande), responsabili di funzione “arroccati” a difendere il primato della funzione, quasi come feudatari di aziende costruite su silos funzionali.

Mi sono imbattuto in persone che, forti del potere di dire no, esercitano questa pratica senza fare lo sforzo di pensare al di là del proprio ruolo, di capire “the big picture” di accettare il fatto che a livello aziendale molto spesso un “ragionevole” compromesso è la sola soluzione che permette all’azienda di andare avanti. Ritengo che proprio in questi momenti di forte e continuo veloce cambiamento dei paradigmi in ambito Healthcare, e di realizzazione di soluzioni tecnologiche abilitanti, abbia un insostituibile grande valore il confronto tra le persone, la condivisione delle informazioni, la capacità di ascoltare e di comunicare, all’interno dell’Azienda e con tutti i suoi stakeholders.