Il carcinoma cutaneo a cellule squamose (CSCC) è una malattia causata dalla proliferazione maligna di cellule cheratinizzanti dello strato più esterno della pelle (epidermide) e si presenta inizialmente sotto forma di placche, noduli o lesioni verrucose o anche con un’ulcera sanguinante, indolore, ma che non cicatrizza.

Il carcinoma cutaneo a cellule squamose o spinocellulare (CSCC)
Il carcinoma cutaneo a cellule squamose o spinocellulare

Queste lesioni si sviluppano localmente in zone particolarmente esposte alla luce, come cuoio capelluto, viso, collo, braccia o gambe (forma localmente avanzata) e la loro degenerazione può portare a lesioni sempre più profonde o sporgenti che possono deturpare chi ne soffre in zone spesso particolarmente visibili. La natura potenzialmente sfigurante di questo tipo di tumore della pelle può avere un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari e caregiver.

Oltre alla forma localmente avanzata, il carcinoma cutaneo a cellule squamose avanzato può generare metastasi nei linfonodi regionali e successivamente svilupparsi anche in siti distanti dalla lesione iniziale.  Lo sviluppo di metastasi a distanza è associato a una bassa percentuale di sopravvivenza.

Cause e fattori di rischio del CSCC

Il carcinoma cutaneo a cellule squamose deriva spesso da lesioni precancerose, come la cheratosi attinica che si manifesta come conseguenza di una eccessiva e continua esposizione al sole senza un’adeguata protezione, ma può anche svilupparsi su una pelle irradiata da precedenti radioterapie oppure in soggetti con un sistema immunitario compromesso a causa ad esempio, di trapianto di midollo o cellule staminali, trapianti d’organo, oppure patologie come HIV/AIDS, leucemia o linfoma.  

Inoltre, risultano particolarmente a rischio le persone con fototipo chiaro, specie se di età avanzata e di sesso maschile: l’incidenza è più alta, infatti, nelle persone oltre i 65 anni e negli uomini, che hanno tre volte più possibilità di sviluppare il CSCC rispetto alle donne. 

Diffusione del carcinoma cutaneo a cellule squamose

I tumori non-melanomatosi della pelle (NMSC – Non-Melanoma Skin Cancers) colpiscono ogni anno tra i 2 e i 3 milioni di persone in tutto il mondo.

Tra i tumori della pelle non melanomatosi, il carcinoma cutaneo a cellule squamose (CSCC) è il secondo per diffusione dopo il basalioma e costituisce il 20-25% di tutti i casi. Questo tumore diventa particolarmente grave e fatale nelle fasi avanzate nelle quali è  particolarmente complesso da trattare in quanto attualmente privo di terapie efficaci. È infatti il primo per mortalità tra i tumori della pelle non-melanoma.

Le forme precoci sono abbastanza comuni e in genere facilmente trattabili con un’elevata probabilità di guarigione completa tramite asportazione chirurgica. 

Esiste tuttavia una percentuale di pazienti (circa 3%) che progredisce verso uno stato avanzato della patologia. Per questi pazienti ogni intervento chirurgico e ogni trattamento chemioterapico risultano non risolutivi con inevitabile progressione, spesso rapida, della patologia.  

Nonostante i dati siano molto variabili, negli Stati Uniti si stima che i decessi correlati al carcinoma cutaneo a cellule squamose avanzato possano essere tra 4.000 e 8.000 ogni anno.  

Dati epidemiologici del CSCC in Italia

In Italia, si stimano circa 11.000 casi di CSCC in tutte le sue forme, di cui circa 600 (circa il 3% del numero complessivo dei pazienti in Italia) nella forma avanzata (280 metastatici e 340 localmente avanzata e quindi non candidabili a chirurgia o radioterapia curative).

È alla luce di questi dati che è possibile definire il carcinoma cutaneo a cellule squamose avanzato come un tumore raro, in quanto la sua incidenza risulta essere ben al di sotto della soglia dei 4/6 casi ogni 100.000 persone l’anno.

Possibilità terapeutiche per il carcinoma cutaneo a cellule squamose

Il trattamento in prima linea del carcinoma cutaneo a cellule squamose consiste nell’escissione chirurgica completa con successivo controllo istopatologico del carcinoma e dei margini di resezione. La rimozione chirurgica consente infatti l’esame istologico e ha percentuali molto elevate di efficacia, con un tasso di guarigione di circa il 95%. 

A volte il trattamento chirurgico può essere controindicato per l’età del paziente e/o altre patologie concomitanti, oppure per la posizione e l’estensione del carcinoma cutaneo a cellule squamose. Specie nelle forme metastatiche o localmente avanzate, infatti, il CSCC può risultare non trattabile con chirurgia e radioterapia a scopo curativo. 

«Prevenire e diagnosticare tempestivamente anche gli stadi localmente avanzati della patologia permette di intervenire ed evitare la sua rapida progressione – commenta Iris Zalaudek, direttrice della Clinica Dermatologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste e Presidente dell’International Dermoscopy Society. – Grazie al progresso in diagnostica, oggi è possibile intervenire immediatamente attraverso l’asportazione chirurgica degli stadi iniziali o implementare strategie terapeutiche corrette negli stadi avanzati: la dermatoscopia consiste infatti in un esame non invasivo che consente di identificare i criteri morfologici altrimenti non visibili a occhio nudo e di intervenire in una fase molto precoce, quando un semplice intervento è curativo».

Chirurgia e radioterapia a scopo curativo, spesso risolutive nelle fasi precoci, non possono tuttavia contrastare efficacemente quel 3% di casi in cui la malattia avanza a livello locale oppure presenta metastasi. In queste fasi avanzate di malattia, dall’incidenza di un tumore raro, a causa dello stato di salute dei pazienti o perché la rimozione chirurgica risulterebbe sfigurante, non esisteva fino a poco tempo fa uno standard di cura efficace.

Le terapie immunologiche per il carcinoma cutaneo a cellule squamose

Per questa, come per altre patologie tumorali particolarmente complesse e resistenti alle terapie tradizionali, è stata esplorata e varcata la frontiera dall’immuno-oncologia, quella branca dell’oncologia che combatte i tumori con trattamenti immunoterapici che attivano e stimolano il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule tumorali. A differenza delle terapie tradizionali, infatti, l’immunoterapia non ha come bersaglio diretto il tumore bensì il sistema immunitario, che viene stimolato per riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Si tratta di un sistema di difesa interno all’organismo e quindi una lotta mirata alla malattia.

Negli ultimi anni le terapie immunologiche hanno dimostrato la loro efficacia soprattutto per quanto riguarda i tumori della pelle. Nel carcinoma cutaneo a cellule squamose è risultata particolarmente efficace l’inibizione del checkpoint immunologico PD-1 (proteina di morte cellulare programmata di tipo uno). Le cellule tumorali, infatti, possono produrre ed esporre la proteina PD-1 allo scopo di inattivare le cellule T, evitando così che il sistema immunitario le riconosca e le combatta direttamente. L’inibizione di questo tipo di proteine ha dimostrato una particolare efficacia nei tumori ad alto tasso di mutazione, come il carcinoma cutaneo a cellule squamose, che si caratterizza in per il più alto tasso di mutazione di qualsiasi altro tipo di tumore.

«Le soluzioni terapeutiche immuno-oncologiche, che agiscono bloccando il percorso di segnalazione della proteina PD-1 (proteina di morte cellulare programmata di tipo uno), consentono al sistema immunitario del paziente di attaccare le cellule tumorali – sottolinea Paolo Bossi, professore di Oncologia Medica, Università di Brescia. – Si tratta di una vera e propria svolta in termini terapeutici perché presenta dei miglioramenti significativi nel tasso di risposta al trattamento e della durata della risposta nel tempo».

Impatto economico del carcinoma cutaneo a cellule squamose

Si tratta di una patologia che, anche senza trattamenti efficaci nella fase avanzata, ha un impatto importante anche dal punto di vista economico sul Sistema Sanitario Nazionale. 

«Grazie all’analisi dell’Economic Evaluation and HTA (EEHTA-CEIS), è stato possibile stimare il costo sostenuto dal nostro Sistema Sanitario Nazionale per la gestione ed il trattamento dei nuovi pazienti con diagnosi di CSCC in Italia – dichiara Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria Università di Roma Tor Vergata. – I risultati mostrano costi medi stimati a paziente avanzato di circa 3.300 € all’anno, pari al il 36% in più rispetto a un paziente con CSCC resecabile chirurgicamente. Una corretta identificazione e monitoraggio della patologia consentirebbe, quindi, una gestione precoce dei pazienti, così da poterli curare con trattamenti innovativi ed efficaci in grado di migliorare la loro salute e permettere al Sistema Sanitario Nazionale di gestire efficacemente nel tempo, i costi».

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