Andrea Bovero, presidente del Comitato Internazionale di Estetica e di Cosmetologia Sezione Italia

Per quanto riguarda i prodotti fabbricati, la posizione dell’industria cosmetica si è schierata a favore di un’indicazione esplicita dell’intenzionalità della fabbricazione. «Definendo nanomateriali solo quelli intenzionalmente prodotti si garantirebbe una maggiore attenzione e finalità di un cosmetico durante i processi produttivi e un maggior controllo e tutela dei consumatori con la notifica degli ingredienti anche in etichetta, in linea con quanto accade anche nel settore alimentare», precisa Silvia Boracchi.

Un altro punto caldo riguarda l’entità del valore soglia di presenza di nanoparticelle. A favore di un cut-off minimo del 50%, come proposto nella raccomandazione della Comunità Europea, si schiera l’industria, sottolineando la mancanza di prove tossicologiche che dimostrino una maggiore tossicità di nanomateriali in prodotti cosmetici rispetto ad altre sostanze. Anche i centri ricerca propendono per questo valore soglia, sottolineando come al suo abbassamento corrisponda una maggiore difficoltà di rilevazione dei nanomateriali e un rischio di veder rientrare quasi tutti, se non tutti, gli ingredienti cosmetici nella definizione, con conseguente necessità di notifica e dichiarazione in etichetta. La conseguenza finale sarebbe una riduzione drastica del valore dell’etichetta e del diritto del consumatore ad essere opportunamente informato. L’incertezza del profilo di sicurezza dei nanomateriali unitamente all’elevata esposizione agli ingredienti cosmetici sono, invece, gli argomenti avanzati dai sostenitori di un cut-off più basso, vicino al 10%.